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Giorgio De Chirico

May 02, 2023

Opera d'arte ©️ ARS / SIAE, Roma / Courtesy Vito Schnabel Gallery

"Cavalli: la morte di un cavaliere" (alla galleria Vito Schnabel, fino al 29 luglio) è un gioiello di mostra, con sedici dipinti, realizzati in cinque decenni, di Giorgio de Chirico: meditazioni non sui cavalli, di per sé, ma sul loro peso simbolico. La storia del devastante incontro di Nietzsche con un equino maltrattato spinse per la prima volta de Chirico ad affrontare l'argomento, nel 1910. La rivelazione del filosofo: quanto è incommensurabilmente crudele l'umanità. ("Combattimento dei puritani", 1955 circa, sopra, suggerisce che l'artista era d'accordo con lui.) Guardando intorno a questa mostra, si ha la sensazione che de Chirico dipingesse anche cavalli perché storicamente i pittori dipingevano cavalli - ed era, soprattutto, devoto ai classici. Come sempre, le sue composizioni sbilanciano ogni senso del tempo, del luogo e della scala. Le sue bestie possono trovarsi in un unico paesaggio, ma raramente condividono la stessa attrazione gravitazionale; spaziano da quelli muscolosi a quelli quasi da cartone animato, piatti e divertenti. Una delle rivelazioni dello spettacolo: "Battaglia al castello", del 1946, in cui un potente destriero, al galoppo in primo piano, fissa direttamente lo spettatore, mentre il suo cavaliere osserva lo spargimento di sangue. Immagina che l'artista metta quelle delicate macchie di bianco per completare gli occhi del cavallo - l'animale che ora fissa il suo creatore - in modo che possano, per un momento, commiserare il folle mondo degli uomini.

"Cavalli: la morte di un cavaliere"